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Le nuove frontiere della sicurezza urbana integrata

13-01-2021 17:52 - News generiche
Sono passati quattro anni dall’entrata in vigore del pacchetto sicurezza Minniti, il dl 14/2017, che ha rivoluzionato il concetto dei rapporti interistituzionali per la tutela delle città e ora si parla ordinariamente di sicurezza urbana partecipata. Ovvero di un modello organizzativo che lega in maniera sempre più stretta tutti i soggetti interessati a potenziare il controllo e la sicurezza delle città. A partire delle amministrazioni comunali ai soggetti privati, con l’inevitabile collaborazione delle forze di polizia locale a competenza generale.

Ma la cabina di regia sulla sicurezza urbana integrata resta in mano al prefetto. L’autorità provinciale di pubblica sicurezza che, insieme al sindaco, ha il compito di coordinare i rapporti nel rispetto delle diverse prerogative degli attori. In questi ultimi anni anche il panorama tecnologico è variato sensibilmente e le città, grazie ai finanziamenti pubblici e privati potenziati proprio dal decreto Minniti (l’ultima tranche da 17 milioni è stata deliberata il 30 dicembre scorso), hanno investito in maniera crescente negli impianti di videosorveglianza.

La nuova sfida ora è rappresentata dalla sostenibilità di questi progetti e dalla possibilità di una reale integrazione tra i sistemi. Nel pieno rispetto delle diverse prerogative dei partecipanti e della tutela del trattamento dei dati personali e della privacy.

Con questa serie di approfondimenti periodici cercheremo di approfondire le complesse regole che sovrintendono alla regolare gestione degli impianti di sicurezza delle città digitali assieme a Stefano Manzelli, coordinatore del progetto di ricerca sulla sicurezza urbana integrata.

Cosa si intende oggi per sicurezza pubblica e sicurezza urbana

Con il termine sicurezza dobbiamo ricomprendere sia la sicurezza pubblica in senso stretto, di competenza esclusiva dello Stato, sia la sicurezza urbana in senso lato, di pertinenza dei Comuni. Da una parte abbiamo quindi il rappresentante governativo, il prefetto, che sovrintende alla tutela della sicurezza pubblica e al coordinamento delle forze di polizia. Dall’altra il sindaco che coordina i temi inerenti alla tutela della sicurezza urbana e dispone della polizia locale. Gli spazi di collaborazione tra le prefetture e i primi cittadini sono stati ampliati dalla normativa e di fatto le città si sono progressivamente dotate di dispositivi per il controllo della sicurezza come moderni impianti di videosorveglianza ambiti da tutti gli organi di investigazione. Polizia locale, carabinieri, e altre forze di polizia dello Stato utilizzano infatti ormai quotidianamente gli strumenti messi a disposizione dei comuni per il controllo della sicurezza urbana.

Ma per regolarizzare l’uso di questi strumenti, le regole sulla tutela dei dati richiedono un’analisi preventiva dei ruoli, delle finalità e dei mezzi che non è sempre facile individuare.

Sicurezza urbana: il decreto Minniti e le nuove competenze dei Comuni

Con il pacchetto sicurezza del 2017 (Decreto Minniti) è stato meglio definito il concetto di sicurezza urbana. Ovvero di quell’istituto strettamente correlato al concetto di sicurezza pubblica ma di derivazione recente e in qualche modo subordinata.

Definizione di sicurezza urbana

Formalmente, per sicurezza urbana, ai sensi del dl 14/2017, si intende “il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione e recupero delle aree o dei siti più degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, la promozione del rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile, cui concorrono prioritariamente, anche con interventi integrati, lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nel rispetto delle rispettive competenze e funzioni”.

Anche se la definizione appare poco snella è evidente che la sicurezza urbana attiene anche al contrasto dei reati e quindi alle attività di polizia locale in senso lato. Per la tutela della sicurezza urbana, i Comuni, ai sensi dell’art. 6 del dl 11/2009 possono utilizzare i sistemi di videosorveglianza per il controllo degli spazi pubblici e aperti al pubblico. Quindi con il pacchetto sicurezza Minniti i primi cittadini sono stati promossi controllori ufficiali delle città con l’impiego degli strumenti di videosorveglianza a loro disposizione.

Tecnologie e videosorveglianza in mano ai sindaci…

Le innovazioni tecnologiche in materia di analisi video e controllo elettronico dei centri abitati hanno stimolato la fantasia di molti amministratori locali che si sono buttati a capofitto a organizzare progetti tecnici e piani di investimento ambiziosi. Ma spesso queste iniziative sono state realizzate senza una adeguata ponderazione degli obiettivi e delle opportunità offerte dalla normativa sulla tutela dei dati e sui rapporti tra forze di polizia locale e forze di polizia a competenza generale. Limitando l’efficacia degli sforzi e riducendo sensibilmente la possibilità di sfruttare al meglio le potenzialità tecnologiche degli strumenti messi a disposizione dalla ricerca.

Servono patti di sicurezza tra sindaco e prefetto

I sindaci hanno infatti spesso approfittato dei numerosi bandi di finanziamento regionali o statali rincorrendo la paginata di giornale per raccontare esperienze tutt’altro che catturate. Non basta infatti intercettare un finanziamento o una opportunità tecnologica per mettere in sicurezza una città. Servono strategie condivise e progetti di lungo periodo. Il decreto 14/2017, infatti, prevede che, per ogni intervento di sicurezza urbana integrata, il primo cittadino stipuli un patto per la sicurezza urbana ad hoc con la prefettura. Al quale conseguono una serie di azioni corrispondenti in materia di sinergia operativa.

Non basta ricevere un finanziamento ministeriale da un milione di euro. Occorre una cabina di regia in grado di assicurare costantemente la crescita e il mantenimento dell’infrastruttura nel rispetto delle diverse regole che sovrintendono la privacy e i rapporti interforze.

Regole sulla privacy e rapporti interistituzionali

La vera sfida dei prossimi anni è rappresentata non tanto dallo sfruttamento tecnologico delle migliorie che verranno realizzate dalla ricerca in materia di controllo delle città quanto dal necessario efficientamento dell’impiego corretto di queste risorse. Una delle prime apparenti barriere da superare è quella della privacy. Indossando fin da subito l’abito richiesto dalla direttiva polizia ovvero dal dlgs 51/2018 (unitamente al regolamento europeo che però resta a margine), si può consolidare l’investimento in una logica privacy by design e by default. Se il regolamento comunale “veste” a uso polizia la tecnologia di videosorveglianza urbana sarà più facile consentire l’accesso regolato dei carabinieri e della polizia di Stato all’impianto in uso alla polizia locale. Ma per permettere a tutti gli organi in divisa di lavorare serenamente sarà necessario che il sindaco e il prefetto abbiano sottoscritto i patti di sicurezza necessari e che sia stata istituita una cabina di regia che tenga monitorato il sistema. Eventualmente con la collaborazione anche di soggetti privati, nello spirito del dl 14/2017.

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